L’incubo
La gente, all’inizio, ne parlava di tanto in tanto, poi sempre più frequentemente.
Raccontavano di una presenza, un uomo, forse, o un’entità indeterminata che, al calar del sole, al sopraggiungere delle tenebre, nelle notti di plenilunio, seguito da un lupo, si aggirava per le vie della città, bussava alle porte e, qualche volta, riusciva nel suo intento di farsi aprire per poi, nella migliore delle ipotesi, derubare i malcapitati o addirittura assalirli e ferirli; il tutto in un alone di mistero che circondava il personaggio. Le voci erano le più disparate e le più contrastanti.
“Io, diceva uno al bar, l’ho visto da vicino. E’ barbuto, si nasconde sotto un cappuccio nero che gli copre il viso, è armato di un nodoso bastone, pronto ad attaccare la sua prossima vittima”.
Un altro sosteneva di averlo incontrato per la strada nel buio della notte: “Era un essere zoppicante e mostruoso”, chi diceva trattarsi di un gigante, chi di un ometto di media statura. Ciascuno, la sera, quando tutto intorno si dipinge di nero, si chiudeva in casa sprangando porte e finestre e al minimo rumore impallidiva per lo spavento.
Ognuno nella propria narrazione aggiungeva sempre un particolare in più. Si arrivò perfino a parlare di un fantasma che trapassava i muri delle case e riusciva ad introdursi ovunque.
Ciascuno aveva il suo dettaglio personale per descrivere il mostro.
Le telefonate alla polizia si moltiplicavano all’infinito, qualche coraggioso si avventurava per le strade nel tentativo di fotografarlo.
Poi, a gruppi, cominciò la caccia al mostro.
Muniti di spranga e bastoni ci si aggirava per le strade buie della città, nei meandri dei veicoli, sotto i portici, nelle piazze, lungo la ferrovia, ma ogni tentativo di incontrarlo si dimostrava inutile, tanto che, dopo un certo tempo, si rinunciò alla ricerca.
In questa situazione di stallo, gli abitanti sembravano solo sopravvivere; ma un giorno il mistero si svelò grazie ad un bambino che, uscito di scuola e accompagnato dalla mamma, fu incuriosito dalla presenza di un mucchio di stracci e di ossa in un cantuccio della strada.
Avvicinandosi entrambi, videro affiorare tra quegli stracci la figura infreddolita di un vecchio clochard, rannicchiato vicino al suo cagnolino. La spiegazione si fece poi strada poco a poco.
Il mostro che si aggirava per le vie della città altro non era che un povero vecchio senza fissa dimora che, al calar del sole, errava alla ricerca di un angolo dove dormire.
La fantasia aveva fatto il resto.
Alla notizia dell’evento, come per incanto, si riaprirono porte e finestre delle case, la città riprese a vivere e, come in preda al rimorso, ognuno fece gara nell’aiutare il pover’uomo che non aveva altra colpa che quella di essere solo, misero e abbandonato.
Elena Sbragi
Classe II B