Mattia Cherici classe 3^E
Il mio bisnonno si chiamava Domenico, è nato il 3 ottobre 1915 in una casa rurale del comune di Capolona.
Ha terminato la scuola elementare all’età di 9 anni, quando era appena nato il regime fascista.
Ha frequentato successivamente la Scuola Tecnica Industriale di Bibbiena condotta all’epoca dal prof. Pasquale Tempesta.
Conclusa questa prima fase di studi, all’età di 13 anni, i suoi genitori, dopo aver raccolto informazioni sulle Scuole che all’epoca erano all’avanguardia per gli studi tecnici, decisero di inviare il mio bisnonno a Milano all’Istituto Carlo Cattaneo-Scuola Industriale Beltrami.
A quel tempo suo padre, non sapendo dove farlo risiedere a Milano, si ricordò che in quella città si era trasferito un caro amico di famiglia e si decise a contattarlo (ovviamente per lettera): presero così accordi per far attendere il mio bisnonno in un giorno prestabilito alla stazione centrale di Milano dal signor Pecchioli (così si chiamava), che lo portò a casa sua, dove il mio bisnonno rimase per tutta la durata della sua permanenza a Milano.
Il signor Pecchioli era stato incaricato di presentarlo al preside dell’Istituto Beltrami affinché fosse anche introdotto a frequentare corsi per lavoratori ad orari festivi e serali in modo che, oltre che studiare, potesse anche lavorare per provvedere alle spese di studio e di sostentamento.
Fu così che gli fu cercato un lavoro retribuito e venne presentato alla ditta Magneti Marelli per lavorare ad orari vari (anche ad orari notturni e festivi) che impegnavano il mio bisnonno moltissimo…. era giovanissimo e si adattava facilmente a qualsiasi sacrificio pur di raggiungere il suo scopo.
Alla Magneti Marelli svolse diversi tipi di lavori e si distinse per impegno e dedizione con tutti i responsabili della ditta, facendosi notare anche per la risoluzione di importanti inconvenienti tecnici di lavorazione, tanto che si guadagnò anche degli elogi scritti da parte degli stessi dirigenti e gli fu concesso di ricoprire incarichi più importanti all’interno dell’azienda.
Qui ci fu la svolta, perché alla Magneti Marelli fu assegnato al Reparto Radio dove venivano prodotti dei ricevitori radio chiamati “supereterodina” e poté acquisire notevole esperienza in materia.
Terminata l’esperienza in Magneti Marelli continuò a svolgere, nei periodi liberi da impegni scolastici, altri lavori (tra cui alla fabbrica di cicli e motocicli Bianchi) per mantenersi agli studi.
Nei mesi precedenti agli esami del diploma venne inserito in un team composto da studenti dell’Istituto e altri studenti della facoltà di Ingegneria Elettronica dell’Università di Milano, per realizzare un impianto di trasmissione e di ricezione della televisione, così come era possibile in quel tempo…. il progenitore della televisione moderna!
Finalmente nel 1933 concluse gli studi e venne assunto al Ministero dell’Educazione Nazionale per essere poi destinato nel 1934 a fare l’insegnante di laboratorio all’Istituto Industriale “Thaon di Revel” di Taranto.
Rimase a Taranto per 2 anni scolastici e durante il secondo anno partecipò a dei corsi per aspiranti al servizio Militare nelle Forze Armate e una volta pubblicato il concorso per Allievi Sottufficiali del Genio Aeronautico vi partecipò vincendolo.
Fu così che lasciò la scuola Industriale di Taranto e fu inviato al corso Allievi che si svolgeva a Roma, venendo nominato nel 1936 Sergente del Genio Aeronautico e prendendo servizio all’Aeroporto di Guidonia-Montecelio presso la Divisione Radio della Direzione Superiore Studi ed Esperienze.
Durante la sua permanenza all’Aeroporto di Guidonia-Divisione Radio era allo studio una stazione radio che veniva usata prevalentemente per comunicazioni a medio-grande distanza.
Nell’estate dello stesso anno, il mio bisnonno, avendo conseguito una specifica ed approfondita conoscenza di questa radiotrasmittente, venne inviato all’aeroporto di Catania per il suo impegno nelle grandi manovre, che vi si svolsero in presenza anche del Duce.
Terminate le grandi manovre in Sicilia, appena rientrato all’Aeroporto di Guidonia gli venne proposto di andare in Spagna (era in atto la guerra di Spagna), il mio bisnonno accettò e fu inviato all’Aeroporto Son Sant Joan a Palma di Maiorca, dove montò una di quelle radiotrasmittenti che conosceva benissimo. Questa stazione trasmittente venne usata per le comunicazioni tra le Baleari, il continente (e anche con l’Italia) ed anche come radiofaro.
Durante la sua permanenza a Maiorca fece parte con il grado di Brigata dell’Aviazione di Franco con un nome falso nel passaporto e figurava come un fuoriuscito dall’Italia di nome Circo Domingo, di professione ombrellaio.
Rimase a Maiorca fino al dicembre del 1938, poi tornò in servizio a Guidonia, dove seguì speciali studi su apparecchiature nel campo delle telecomunicazioni, che in seguito gli permisero di effettuare esperimenti molto interessanti ed all’epoca top secret.
Nel 1940 partecipò, vincendolo, al concorso per Ufficiali e fu promosso Sottotenente, nello stesso anno l’Italia entrò in guerra a fianco della Germania e venne inviato in Libia con il Servizio telecomunicazioni dell’Aeronautica.
Rimpatriato dalla Libia, dove aveva partecipato ad azioni di guerra della Seconda guerra mondiale, nel 1941 venne assegnato alla Divisione radioelettrica nell’Aeroporto di Montecelio, che al tempo era sede di quasi tutti i reparti sperimentali della nostra Aeronautica.
Fu qui che il mio bisnonno ebbe modo di esercitare e mettere alla prova le sue conoscenze in campo di radiocomunicazioni, che a quel tempo si stavano notevolmente sviluppando e perfezionando con l’avvento dell’elettronica, e appena assegnato a quel Reparto ebbe l’incarico di portare avanti interessantissimi esperimenti di radiocomando su velivoli.
Le apparecchiature radioelettriche concepite erano:
- Una radiotrasmittente per inviare nell’etere dei segnali.
- Un radioricevitore capace di riconoscere differenti segnali da inviare ad un apposito convertitore per trasformarli in azioni da far effettuare a un autopilota.
- Un velivolo capace di volare senza pilota che potesse eseguire le manovre inviategli da segnali radio.
Per poter porre in atto queste idee era necessario disporre di due velivoli, dei quali uno doveva essere modificato per volare senza pilota e per essere governato a distanza.
Vennero scelti 2 aerei abbastanza in là con le ore di volo in modo da venir considerati obsoleti. Fu scelto l’S-79 che aveva usato il conte Ciano durante la guerra contro l’Abissinia e che risultava ormai in disuso.
L’impianto di comando venne installato sull’aereo Cant.Z in ricezione; quindi, il radioricevitore installato nell’aereo radiocomandato doveva riconoscere l’ordine ricevuto e tradurlo in cambiamento di assetto attraverso dei servocomandi applicati agli impennaggi dell’aereo.
Tutto ciò si rivelò attuabile, tanto che l’aereo radiocomandato poteva sembrare come pilotato da una mente a bordo…. fu provato in volo e tutto rispondeva ai progetti.
Nel 1942 tutto il reparto venne trasferito in Sardegna all’Aeroporto di Villa Cidro per la sua vicinanza all’eventuale teatro di operazioni (il Mediterraneo tra la Sardegna e il nord dell’Algeria).
Dopo alcuni giorni, la ricognizione segnalò la presenza di un grosso convoglio di navi civili e militari che a sud delle Baleari si dirigeva verso l’interno del Mediterraneo con grande presenza di scorte navali e aerei, così arrivò l’ordine di impiegare “l’aereo kamikaze”, ovvero l’aereo pilotato a distanza.
Partì per primo l’S-79 con un solo pilota a bordo ed a seguire decollò l’aereo Cant.Z per raggiungere la quota stabilita per l’aggancio del comando.
Una volta avvenuto l’aggancio del comando radio venne dato l’ordine al pilota di abbandonare il suo aereo S-79, così il pilota si portò sopra il portello ascensore che gli permise di lanciarsi dal velivolo.
I 2 velivoli intanto procedettero nella loro rotta per l’azione che consisteva nel sorvolo della zona antistante alla testa del convoglio senza essere segnalati. Passarono al largo dell’isola La Galite (tra l’Algeria e la Sardegna) proseguendo ancora verso la costa algerina e anche oltre, all’interno dell’Africa Settentrionale.
Era intenzione proseguire all’interno dell’Algeria per diverse decine di miglia per poi invertire la rotta e presentarsi nuovamente in Mare Mediterraneo per sconcertare la difesa del convoglio (che non si aspettava di certo di essere attaccato dai mezzi aerei provenienti dall’Algeria in armistizio). Purtroppo, ad un certo punto ci si accorse che il radiocomando non funzionava a causa di un condensatore malfunzionante, quindi l’aereo S-79 pilotato era fuori controllo.
Data la sua posizione e la sua rotta prevedibile fu ritenuto che esso sarebbe andato a impattare sulle montagne del Piccolo Atlante a Sud di Costantina e fu abbandonato, anche perché l’autonomia dell’altro aereo doveva consentire il rientro in Sardegna, cosa che avvenne regolarmente. Questa è stata la storia fantastica ma la fine ingloriosa del nostro aereo ‘kamikaze’, chiamato anche ‘canarino’ per il fatto che proprio prima dell’inizio dell’azione gli erano state dipinte di giallo le ali nella parte superiore per permetterne una migliore individuazione sullo sfondo del mare blu.
Che fine ha fatto l’S-79 ‘canarino’? La Commissione di armistizio segnalò che un certo giorno dell’agosto 1942 un velivolo italiano si era schiantato contro le montagne del Piccolo Atlante a Sud di Costantino e che stavano cercando l’equipaggio, perché sul velivolo schiantato non avevano trovato segni di vita. Alla suddetta commissione non fu mai rivelato che l’aereo S-79 Italiano fosse stato radiocomandato.
Grazie alle conoscenze tecniche acquisite negli anni ed alle esperienze maturate alla fine degli anni 50, il mio bisnonno prestò servizio per svariati anni negli USA presso la base dell’Aeronautica Militare Americana di El Paso in Texas, dove si dedicò allo studio e sviluppo delle tecnologie radar.
Con questo racconto sulla vita del mio bisnonno ho voluto sottolineare come sia possibile affrontare la vita e sfruttare al massimo le possibilità che essa offre quando l’impegno e la dedizione vincono sulle fatiche, i sacrifici e le guerre.
Mattia Cherici classe 3^E