Intervista ad un compagno senegalese e a sua sorella
Habib frequenta la terza media all’istituto Margaritone. Lo abbiamo invitato insieme a sua sorella maggiore Sokhna, per parlarci del Senegal, il paese da cui proviene la sua famiglia.
Senegal è una parola che deriva da “sunu gaal”, che in Wolof vuol dire “la nostre piroga”, ma è anche detto il paese “del teranga”, che significa “ospitalità”, uno dei valori essenziali della cultura senegalese. Ospitalità e senso della comunità e della famiglia si ritrovano in ogni gesto dei senegalesi, dal condividere insieme tutti i pasti, al mangiare tutti da uno stesso piatto (il più tradizionale è il riso con pesce), al celebrare insieme le festività di tutte le religioni presenti nel territorio (dove la popolazione è per il 90% islamica).
Il padre di Habib e Sokhna ha lasciato per primo il suo paese negli anni ‘90, inseguendo quello che per tutti là è il sogno europeo e una volta stabilitosi ad Arezzo, visto che al tempo c’erano più opportunità di lavoro e una legislazione più agevole per chi entrava nel nostro Paese, ha potuto ricongiungersi con tutta la famiglia, composta allora solo da sua moglie, dal primogenito e da Sokhna. Se la loro madre poco più che ventenne ha avuto tante difficoltà ad inserirsi, per lingua, cultura e abitudini diverse, per Sokhna i problemi sono stati legati soprattutto alla diffidenza e al rifiuto delle persone di colore, in contesti scolastici ancora con pochissimi stranieri. Ciononostante Sokhna è riuscita a diplomarsi e a laurearsi in Giurisprudenza e oggi, a 31 anni, si divide tra il praticantato in uno studio legale di Firenze, l’attività di consulente in Comune per le pratiche di immigrazione e le collaborazioni con Oxfam Italia. E’ stato un percorso molto impegnativo -ci dice- e ogni sua parola, ogni suo gesto trasmettono tutta la determinazione e la tenacia, scaturite dalla consapevolezza degli sforzi fatti dalla propria famiglia per garantirle un futuro migliore. “Quando alle spalle hai tutto questo, non puoi permetterti di perdere tempo o di non aspirare al meglio, perché volere è potere.”.
Suo fratello Habib invece è nato in Italia e ha visto il Senegal solo tre anni fa quando vi è andato per ritrovare i suoi parenti e i luoghi di origine. E’ un paese bellissimo – ci racconta con gli occhi che gli brillano – puoi vedere il Lago Retba, il lago rosa, oppure distese di campi di arachidi (di cui il Senegal è il primo produttore al mondo) o città come Dakar, e puoi sentirti sicuro dovunque e giocare fuori in tranquillità perché è un paese estremamente pacifico. E la differenza più grande con l’Italia è che qui è veramente difficile entrare a far parte di un gruppo, spesso ti escludono per i motivi più futili, come non avere le scarpe adeguate, mentre in Senegal ti invitano tutti a giocare con loro anche se non ti conoscono.
Anche Habib è determinato e deciso, il suo sogno è quello di diventare calciatore.
Sokhna e suo fratello sono senegalesi e avvertono fortemente l’appartenenza a quella terra, sono consapevoli delle loro radici, ma sentono altrettanto di appartenere al nostro Paese che li ha visti crescere e in cui hanno trascorso tutta la loro vita. Ecco perché ha poco senso domandare ‘da dove vieni?’ a ragazzi di seconda generazione come loro. La loro provenienza semmai è una questione più profonda.
“Il mio appartenere a due mondi, all’inizio è stato disorientante, ma adesso so che è un valore aggiunto -ci dice Sokhna- è avere il privilegio di vedere tutto secondo una doppia prospettiva, è conoscere due lingue, mangiare in due modi differenti e avere una visione doppia su tutto. E’ in sostanza come avere due cuori. Questa è la mia forza, fatta di consapevolezza e positività.”
Il film Io capitano, a cui come noi hanno assistito, lo hanno visto guardando soprattutto le reazioni del pubblico in sala, perché loro conoscono bene la storia e ne conoscono anche il seguito che non è quasi mai a lieto fine, ma quello di cui erano più curiosi era capire se gli spettatori si sarebbero sentiti più vicini a loro.
Il messaggio con cui Sokna e Habib ci lasciano è quello di essere curiosi, di non fermarsi mai alle apparenze e al sentito dire, ma di andare oltre, in profondità e aprirsi alla conoscenza e all’accoglienza, perché se per noi non è dato di avere due cuori come loro, è sempre possibile allargare il nostro di cuore.