È un genere musicale nato durante gli anni Settanta tra le comunità afroamericane e latinoamericane del South Bronx, quartiere di New York dove si svolgevano i “block party”.
In queste occasioni i dj sceglievano i dischi e i partecipanti ballavano la breakdance, mentre i più creativi inventavano rime andando a tempo.
È uno stile di musica libero e senza vincoli, in cui tutti hanno l’opportunità di esprimersi senza dover rispettare delle regole. Spesso basta accendere un microfono, mettere della musica e iniziare a parlare, senza pensare.
Il rap quindi, nato come sfida e basato sull’improvvisazione vocale, nel tempo si è evoluto diventando un vero e proprio genere musicale di tendenza, molto ampio e con diversi sottogeneri, caratterizzandosi anche come musica multiculturale.
Il rap, cantato o ascoltato, è un mezzo per sfogare la frustrazione, soprattutto in età giovanile.
Questa musica è molto diretta e parla senza mezzi termini; è anche un modo di esprimere proteste che possono essere politiche, antirazziali, sui disagi giovanili, sull’emarginazione e sulla dura vita di quartiere.
Il rap viene visto quindi come scappatoia, come ancora di salvataggio, perché questa musica non impone limiti di linguaggio, ed è per questo che ascoltando canzoni rap si può notare un linguaggio ricchissimo di parolacce, insulti e spergiuri di ogni tipo.
Molte volte ci si ispira ai rapper come figura di riferimento e si vuole diventare artisti come loro.
Anche per l’ideale di fare soldi facili e cambiare stile di vita in poco tempo, o semplicemente spirito di ribellione e trasgressione
Ciò talvolta spinge i ragazzi ad assumere un comportamento sfrontato e irrispettoso nei confronti delle regole, fino ad arrivare al commettere atti vandalici, o anche illegali, come i graffiti, oppure ad assumere atteggiamenti di stampo razzista o sessista.
Foto di Aleksandr Neplokhov